Food for Change – La campagna internazionale di Slow Food

Food for Change – La campagna internazionale di Slow Food

Che cos’è Food for Change?

Durante i nostri eventi, da Settembre 2018 in poi, avrai sentito spesso parlare di questa campagna internazionale di Slow Food: Food for Change.

Food for Change è la campagna internazionale di sensibilizzazione sul rapporto tra cibo e cambiamento climatico che Slow Food ha lanciato a Torino in occasione della XII edizione di Terra Madre Salone del Gustola manifestazione enogastronomica internazionale che l’associazione organizza ogni 2 anni a Torino, e che si è tenuta, nel 2018, dal 20 al 24 Settembre (Ravenna e l’Emilia Romagna erano presenti con un bellissimo stand, animato tutti i giorni da eventi, conferenze e incontri, che hanno reso celebri i nostri prodotti e le nostre tradizioni culinarie).

FOOD FO CHANGE CAMPAGNA SLOW FOOD

 

L’obiettivo di Food for Change è far crescere consapevolezza sulle cause del cambiamento climatico e mostrare come ogni azione può fare la differenza. Cambiando anche di poco le nostre abitudini alimentari possiamo andare verso quel modello di produzione alimentare che Slow Food supporta in tutto il mondo con oltre 10 mila progetti in tutto il mondo.

FOODFORCHANGE

Unisciti a noi! Come?

Metti in pratica comportamenti che possano mitigare il cambiamento climatico.

Se agiamo tutti insieme, come rete globale, possiamo orientare la produzione alimentare verso sistemi più sostenibili, riducendo i fattori che alterano il clima. Clicca qui per conoscere le buone pratiche amiche del clima.

ADERISCI A FOOD FOR CHANGE CHALLENGE!

Unisciti alla sfida Food for Change dal 16 al 22 Ottobre 2018

Iscriviti online CLICCA QUI

– Dal 16 al 22 Ottobre impegnati su uno di questi punti (o tutti e tre):

  • Non mangiare carne;
  • Usare materie prime locali;
  • Abbattere gli sprechi e riutilizzare gli avanzi;

– Partecipa al nostro social challenge e scopri cosa ti aspetta! Racconta la tua SETTIMANA DEL CAMBIAMENTO con una foto o un video su o usando #FoodforChange. Nomina e tagga i tuoi amici per coinvolgerli nella campagna!

MESE DEL PRODUTTORE

Dopo la sfida Food for Change Challenge, al 1 Novembre al 31 Dicembre, la nostra rete si mobiliterà rendere omaggio ai veri eroi del clima: i produttori delle comunità. Segui i nostri eventi per partecipare! Clicca qui per consultare il calendario di Slow Food Ravenna.

DONA ORA!

La campagna è anche una raccolta fondi per garantire continuità agli oltre 10.000 progetti di Slow Food e farne nascere altri. Sostenere produzioni locali che tutelano la biodiversità, rafforzare la rete di Slow Food, scegliere un cibo buono, pulito e giusto significa rispettare il pianeta e trovare soluzioni per mitigare il cambiamento climatico.

Grazie ai contributi dei nostri sostenitori nel 2017:

• 56 nuovi orti sono stati piantanti in 35 Paesi per un totale di 60.000 persone coinvolte in Africa

• sono 23 i nuovi Presìdi, 2 nuovi Paesi coinvolti, per oltre 500 nuovi produttori che si aggiungono ai 8 mila già coinvolti

• 308 cuochi si sono uniti alla nostra Alleanza in 5 nuovi Paesi

• 732 nuovi prodotti sono saliti sull’Arca e sono stati coinvolti 7 nuovi Paesi

• Abbiamo aperto 9 nuovi Mercati della Terra. Ora i mercati sono 63 e coinvolgono 1.800 produttori

• È nato Slow Travel in Carinzia, in Austria, e abbiamo avviato la rete Slow Fish nei Caraibi

• Abbiamo combattuto le nostre battaglie in Europa, avviato la campagna sulla Pac, contro l’uso di neonicotinoidi e glifosato, e continua la sensibilizzazione verso il cambiamento climatico

• Abbiamo coinvolto e sostenuto 370 comunità indigene in 86 Paesi • Con la nostra attività abbiamo favorito il blocco di una legge a favore degli Ogm in Uganda

 

A PROPOSITO DI CAMBIAMENTO CLIMATICO

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO PERCHÈ DEVE INTERESSARCI

Scienziati e climatologi non hanno più dubbi: se non si adotteranno misure per ridurre le emissioni globali di CO2 entro il 2100, la temperatura terrestre potrebbe aumentare di circa 4°C.

Gli effetti questo risultato sarebbero spaventosi: precipitazioni meno frequenti ma molto più intense e dannose, cui si alterneranno eventi climatici estremi.

Alcune stime prevedono che un miliardo di persone potrebbe rimanere senza acqua, due miliardi patirebbe la fame, la produzione di mais, riso e grano crollerebbe del 2% ogni 10 anni.

Inoltre, circa 187 milioni di persone potrebbero essere costrette ad abbandonare le loro case e fuggire da territori sommersi dall’acqua. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che dobbiamo assolutamente lavorare tutti per contenere l’innalzamento delle temperature a un aumento del +2°C, il limite a condizioni di vita accettabili.

(Dati IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico è il foro scientifico formato nel 1988 da l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale. Al momento è l’istituzione scientifica di riferimento negli studi di settore).

IL SISTEMA ALIMENTARE E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

A livello globale la produzione di cibo è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra (21%). (Ar5 Ipcc 2014; The state of food and agricolture by FAO 2015) .

Secondo la Fao, nel 2012, le emissioni generate dall’applicazione di fertilizzanti sintetici hanno rappresentato il 14% delle emissioni agricole. Si tratta della fonte di emissioni nel settore agricolo a più rapida crescita: dal 2001 è aumentata del 45% circa. (Fao 2015, Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources).

La produzione di mangimi occupa il 40% della produzione agricola mondiale (Fao, 2012). Ad oggi, secondo la Fao, in media il 36% della produzione mondiale di cereali viene impiegata per nutrire gli animali da carne e da latte, con differenze che vanno dal 4% in India al 65% negli Stati Uniti.

La creazione di nuovi pascoli per il bestiame è inoltre una delle principali cause di deforestazione, specialmente in America Latina. Nel periodo 1990-2005, il 71% della deforestazione in Argentina, Colombia, Bolivia, Brasile, Paraguay, Perù e Venezuela è stato causato dalla crescente domanda di pascoli. (FAO 2012, Livestock and Landscape).

Oggi circa il 20% dei pascoli è considerato degradato a causa dello sfruttamento eccessivo, della compattazione e dell’erosione. Il dato è ancora più allarmante nelle terre aride, dove inappropriate politiche di gestione del bestiame contribuiscono all’avanzamento della desertificazione (Fao 2012, Livestock and Landscape).

ALLEVAMENTI INTESIVI E CLIMA

Negli ultimi 50 anni il consumo di carne è quadruplicato:

– 45 milioni di tonnellate 1950

– 300 milioni di tonnellate 2018

– 500 milioni di tonnellate 2050

In media un cittadino dell’Unione Europea ne consuma 80,6 kg l’anno. Secondo le indicazioni dell’Oms, ne basterebbero 25, ma dimezzare questa quantità sarebbe già una vittoria, per la nostra salute e per quella del pianeta. (World Livestock 2011: Livestock in food security, Fao, 2011).

L’Oms indica in 500 grammi a settimana la quantità di carne ideale per una dieta ottimale (ovvero 2 kg al mese, 24 kg all’anno).

Oltre il 95% della carne consumata proviene da allevamenti industriali che contribuiscono per il 14,5% alle emissioni globali di gas serra (Tackling Climate Change Through Livestock: A Global Assessment of Emissions and Mitigation Opportunities, Fao, 2013).

Produrre un solo chilo di manzo costa ben 36,4 kg di CO2, l’equivalente di 250 km percorsi in automobile, e non meno di 15mila litri d’acqua. (Meat is murder on the environment, Daniele Fanelli, 2007, New Scientist)

SPRECO ALIMENTARE E CAMBIAMENTO CLIMATICO

Ogni anno nel mondo si sprecano complessivamente 1,3 miliardi di tonnellate di cibo: un terzo della produzione totale. Questa inutile produzione di cibo comporta l’uso di una quantità di acqua pari al flusso del fiume Volga e l’impiego di 1,4 miliardi di ettari di terreno (quasi il 30% della superficie agricola mondiale). La produzione corrispettiva in gas serra è pari a 3,3 miliardi di tonnellate (Fao, 2015).

Gli sprechi, secondo la Fao, avvengono per il 54% “a monte”, in fase di produzione, raccolta e immagazzinaggio, per il 46% avvengono invece “a valle”, nelle fasi di trasformazione, distribuzione e consumo. In linea generale, nei Paesi in via di sviluppo le perdite di cibo avvengono maggiormente nella fase produttiva, mentre gli sprechi alimentari a livello di dettagliante o di consumatore tendono ad essere più rilevanti nelle regioni a medio e alto reddito.

I MIGRANTI CLIMATICI

I migranti climatici sono il volto umano del cambiamento climatico. Secondo lo studio della Banca Mondiale, che prende in considerazione tre regioni, l’Africa subsahariana, l’Asia del Sud e l’America latina, che rappresentano il 55% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo, questa area geografica potrebbe subire spostamenti interni, al di là dei conflitti armati, di un’ampiezza pari a 143 milioni di persone entro il 2050.

Si stima che l’Africa subsahariana avrà entro il 2050: 86 milioni di migranti climatici interni.

Inoltre, si stima che nell’Asia del sud avrà entro il 2050: 40 milioni di migranti climatici interni e che l’America Latina avrà entro il 2050: 17 milioni di migranti climatici interni.

In Etiopia, un Paese agricolo e caratterizzato da una forte crescita demografica (fino all’85% entro il 2050), è il crollo dei raccolti che costituisce la prima causa di migrazione. Il Bangladesh è indebolito in particolare dall’erosione delle sue zone costiere e dalle difficoltà di accesso all’acqua potabile. Il Messico, invece, vede il dilagare nei centri urbani delle popolazioni che vivono nelle aree rurali colpite dagli effetti del riscaldamento globale. (Dati da Groundswell: Preparing for Internal Climate Migration, Rapporto 2018 della Banca Mondiale sulle migrazioni climatiche).

 

 

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